Notturni
Sono ormai quasi passati due mesi dalla serata dedicata alla raccolta di racconti Notturni, di Renata Bascelli (che a suo tempo avevo annunciato con un post) e non ho veramente scusanti per non essere riuscita a trovare il tempo di riparlarne prima.
Adesso, avendo forse perso senso l'idea di fare una cronaca della serata (di cui pure conservo qualche appunto :) ) vorrei dedicare questo spazio a un insegnamento -o meglio: io lo considero un insegnamento poi non so se si può definire tale-. Un insegnamento che forse a prima vista può sembrare banale ma che reputo sia importante ricordare e che, sono certa, sta abbastanza a cuore anche alla prof.ssa Bascelli, autrice di Notturni.
E' la lezione che Italo Calvino definì dell'esattezza. Cito da Lezioni americane, sei proposte per il prossimo millennio:
- un disegno dell'opera ben definito e ben calcolato;
- l'evocazione d'immagini visuali nitide, incisive, memorabili; in italiano abbiamo un aggettivo che non esiste in inglese, "icastico", dal greco eikastikos;
- un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle svumature del mensiero e dell'immaginazione.
Su vari aspetti dell'esattezza c'è stato modo di discutere nella serata dedicata a Notturni e in particolare anche l'autrice ha avuto modo di soffermarvisi. In particolare nella sua prima pubblicazione, a detta di tutti coloro che hanno già letto il testo, spicca subito l'intento di usare, quando necessario, anche parole un po' fuori dall'uso comune, rare o obsolete proprio per il piacere di poter descrivere meglio, attraverso la parola più indicata, "quell'oggetto, quel sentimento, quella sensazione, per aderire meglio alle cose" (tra virgolette, ho citato letteralmente parte di un intervento di Renata Bascelli, ovviamente i corsivi sono miei).
Ricordo a tutti gli interessati che il libro Notturni è disponibile presso la libreria Vezzani (di fianco al Giovannini) di Montecatini Terme in conclusione, ecco un'altra citazione dalle Lezioni Americane, in un tratto del testo poco oltre quello sopra riportato:
Alle volte mi sembra che un'epidemia pestilenziale abbia colpito l'umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l'uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e d iimmediatezza, come automatismo che tende a livellare l'espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze. [...] Quel che mi interessa sono le possibilità di salute -dall'epidemia-. La letteratura (e forse solo la letteratura) può creare degli anticorpi che contrastino l'espandersi della peste del linguaggio.
Credo che se quanto affermato da Calvino in occasione del suo ciclo di lezioni negli Stati Uniti nel 1985 (da cui ha tratto il materiale per il saggio da cui ho citato) è ancora valido -e penso proprio che lo sia-, sicuramente il testo di Renata Bascelli può essere un esempio su come equipaggiarsi di quegli anticorpi in grado di contrastare l'espandersi della peste del linguaggio.
2 commenti:
ho ripubblicato la tua intervista, ti segnalo il link
www.wema.com/art.asp?id=3362
^_^ grazie 1000!
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